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Sovrappeso ed Obesità

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Il sovrappeso è l’eccedenza del peso corporeo oltre il 10% del peso ideale, espresso dal rapporto tra altezza, sesso, peso ed età. Una valutazione dell’entità dell’obesità può essere espressa dal “IMC” (un acronimo dell’indice di massa corporea) si calcola dividendo il peso espresso in kg per altezza espressa in metri al quadrato (kg/m2). Normalmente il valore dell’IMC oscilla fra i 18,5 e i 25. Un indice al di sopra di 25 U indica che la persona è in soprappeso. Oltre il valore di 30 il soggetto è obeso.

Sovrappeso e obesità sono influenzati da molti fattori: predisposizione ereditaria, fattori ambientali, comportamentali, gravidanze. ormoni, genetica, stress, farmaci e invecchiamento.  Il limite tra sovrappeso ed obesità rimane peròmolto indefinito e nel soggetto in sovrappeso ci sono tutti i presupposti fisiopatologici dell’obesità. Infatti, se nell’età prepubere è già presente un sovrappeso corporeo, questa condizione metabolica è da considerare la prima fase dell’obesità che si svilupperà poi nell’adulto.

L’obesità, pur non essendo una “malattia”, è sostenuta da un insieme di quadri dismetabolici e di disormonosi, a volte borderline, a volte francamente patologici, oppure è presente nel contesto di altre malattie, quali ad es. il diabete di tipo 2, ipercolesterolemia, ecc. Le persone obese in genere hanno alti valori di trigliceridi e di colesterolo LDL, bassi valori di colesterolo HDL e di testosterone. Con l’esercizio fisico, la dieta e la diminuzione del peso, il profilo lipidico nel sangue migliora.

Quando il peso diminuisce, anche la pressione arteriosa diminuisce proporzionalmente. Alcune anomalie metaboliche presenti nell’obesità, e spesso anche del sovrappeso, sono le stesse che si riscontrano nella “sindrome metabolica” che, a sua volta, è associata alla presenza di uno “stress ossidativo”. Per ciò molti ricercatori tendono ad identificare queste tre condizioni ed, in effetti, è difficile comprendere quali sono i rapporti di causa ed effetto fra la sindrome metabolica, il sovrappeso corporeo – obesità e lo stress ossidativo e vi sono molti pareri discordi.

E’ una triade complessa e malaugurata che frequentemente è presente al completo con una serie di alterazioni patologiche che fanno capo all’una o all’altra, tutte correlate fra loro e sostenute da complessi ed embricati meccanismi di fisiopatologia. Nell’affrontare un programma di dimagrimento vanno ricercati i segni clinici e di laboratorio presenti e riferibili a queste situazioni, che sono da correggere insieme alla dietoterapia.

Senza la completa conoscenza delle alterazioni endocrine e metaboliche e della valutazione dello stress ossidativo presente, è molto difficile portare a termine il programma di dimagrimento, senza il rischio di una ripresa ponderale o di un’indisturbata evoluzione della Sindrome Metabolica presente o di possibili complicanze cardiovascolari ad essa correlate (ipertensione arteriosa, miocardiopatie, ischemie ed infarto del miocardio). .

Le malattie che più comunemente oggi vengono correlate a questa triade sono: diabete mellito di tipo 2, cardiopatie vascolari, ipertensione arteriosa, dislipidemie, Alzheimer, gotta, obesità patologica, ecc. Ma l’elenco è lungo perché, se il ponte di connessione tra questi quadri di fisiopatologia è costituito dallo stress ossidativo, ogni processo infiammatorio cronico, ogni stress fisico costituisce il punto di partenza per l’instaurarsi dello stress ossidativo.

Alcune informazioni sono indispensabili per fornire una documentazione opportuna a chi è interessato, per comprendere la necessità di una prevenzione e delle reali prospettive che essa offre che pertanto può, ed a pare mio deve, far parte di ogni programma di dimagrimento. I vari argomenti trattati possono essere ulteriormente approfonditi andando a visitare gli altri siti menzionati.

Obesità e l’insulino resistenza – le adipochine

Nell’obesità si ha un aumento in toto dei lipidi ed un aumento del volume degli adipociti, ma non del loro numero. L’ingrandimento del volume della cellula adiposa è il punto di partenza dell’obesità e dell’insulino resistenza ed avviene per l’azione di alcuni mediatori: le adipochine.  Fra esse abbiamo:

Il Tumour Necrosis Factor, TNF-alfa, che è un fattore di necrosi tumorale prodotto dagli adipociti nell’ipertrofia della cellula adiposa e provoca insulino-resistenza, perché reprime l’espressione del genere di IRS1, responsabile dell’azione intracellulare dell’insulina.

L’interleuchina-6, è rilasciata dal tessuto adiposo e quindi aumenta nell’obesità e negli stati di insulino-resistenza, favorendo la presenza di processi infiammatori. Il suo incremento solitamente si accompagna a sensazione di stanchezza.

Le adipochine, “messaggere” nei meccanismi dell’infiammazione. La Leptina è un ormone secreto dagli adipociti ed invia al centro della fame ipotalamo un segnale di sazietà, in rapporto alla dimensione raggiunta dalla cellula adiposa, per evitare un ulteriore incremento del volume cellulare.

Adiponectina, che viene prodotta e rilasciata dal tessuto adiposo, ma è inibita negli adipociti nell’insulino-resistenza e nell’aumento di volume degli adipociti.

Obesità e Stress Ossidativo

Vi è un rapporto costante tra stress ossidativo e sovrappeso, circostanza che nell’obesità diviene un elemento determinante. La prima conseguenza di questo connubio è l’instaurarsi della sindrome metabolica. È da questi punti che prende avvio la patologia cardiovascolare e gran parte delle malattie metaboliche (diabete, gotta, dislipidemia). Secondo una visione più moderna un altro importante elemento, forse il vero punto di partenza di questo perverso meccanismo evolutivo, l’insulinoresistenza.

Cioè un incremento della quantità di insulina necessaria per contenere la glicemia nei valori normali. In sostanza di che cosa si tratta? Proviamo innanzitutto a dare qualche definizione a chiarimento. L‘ipertensione è una delle componenti cliniche costanti nella sindrome metabolica. Essa accelera i processi di aterosclerosi vascolare, danneggia il miocardio fino alla insufficienza cardiaca. Vi è una stretta associazione tra diabete mellito e ipertensione arteriosa. Vi è anche un incremento dello stress ossidativo secondario alla disfunzione endoteliale, ed associato all’insulino-resistenza; lo stress ossidativo facilita il fenomeno dell’apoptosi a livello delle cellule miocardiche, cioè la necrosi, e  in tal modo si sviluppa la cardiomiopatia diabetica.

Dislipidemie e rischio cardiovascolare

La dislipidemia è qualsiasi alterazione del metabolismo delle lipoproteine ed ha un  ruolo di primo piano nei disordini del metabolismo lipidico nelle patologie cardiovascolari. La maggior parte dei pazienti che presentano aterosclerosi precoce non sono affetti da iperlipemie gravi. Un aumento della colesterolemia, ed in particolare dei livelli di LDL, rappresenta un fattore determinante nella malattia coronarica. L’aumento dell’adiposità addominale, una pressione arteriosa elevata e l’insulino-resistenza sono fattori spesso presenti insieme ad un aumento della trigliceridemia

 

Obesità e Disendocrinie

L’obesità si associa a disordini endocrini, coinvolgendo ormoni peptidici ed ormoni steroidi.

L’incremento del cortisolo dipende da un’aumentata produzione, ma influisce anche una maggiore stimolazione della corteccia del surrene da parte dell’ACTH; questo incremento di cortisolo è proporzionale all’aumento del rapporto vita/fianchi. Nelle donne con obesità addominale si associa un aumento degli androgeni con irsutismo e peluria; come manifestazione di un ipersurrenalismo. Il cortisolo induce insulino-resistenza perché inibisce il trasporto del glucosio e della neoglicogenesi dovuta all’attività della glicogeno-sintesi muscolare; ha effetto inibitorio anche sulla lipolisi del tessuto adiposo. Nel diabete tipo 2 con insulino-resistenza vi è un’elevata concentrazione di cortisolo ed ACTH e di ß-endorfina durante le ore diurne.

Aumento delle catecolamine. L’iperinsulinemia basale e postprandiale che accompagna l’obesità stimola l’attività simpatica. L’escrezione urinaria di noradrenalina nelle 24 ore è in rapporto sia all’obesità, sia alla distribuzione del tessuto adiposo addominale che all’iperinsulinemia, mentre è ridotta la secrezione adrenalinica e degli ormoni della midollare surrenalica. con iperestrogenismo con la possibilità di ginecomastia.

Ormoni corticosteroidei

  • Testosterone ed FSH . Nell’uomo obeso i livelli totali di testosterone e le concentrazioni di testosterone libero attivo sono ridotti.
  • FSH ormone follicolostimolante è ridotto col risultato di un ipogonadismo.
  • Il DHEA-S deidroepiandrosterone solfatoè ridotto proporzionalmente alla distribuzione del grasso addominale e con i livelli di insulina. I livelli di testosterone sono correlabili con la resistenza insulinica, se si effettua un trattamento sostitutivo prolungato si vede migliorare la glicemia e la resistenza insulinica periferica,  ma dosi elevate di anabolizzanti inducono un peggioramento della sensibilità all’insulina e della tolleranza al glucosio.Dopo laterapia con testosterone si osserva una riduzione del grasso viscerale, dell’utilizzazione dei lipidi, dell’attività della lipoproteinlipasi, mentre la lipolisi risulta essere stimolata. Il testosterone è in grado di consentire il riassorbimento del grasso viscerale, per la presenza dei recettori per il testosterone nel tessuto adiposo viscerale.
  • L’iperandrogenismo  e la sindrome dell’ovaio policistico.  nella donna sembra essere più pronunciato nelle donne con obesità centrale o viscerale ed è seguito da un’insulino-resistenza. La sua correzione è in grado di migliorare questa insulino-resistenza. L’iperinsulinemia secondaria all’insulino-resistenza, a sua volta, causa un’aumentata produzione di androgeni e questi, ancora, inducono insulino-resistenza;iperinsulinemia. E’ un circolo vizioso tra insulinemia, produzione di androgeni e tendenza alla obesità, soprattutto nella donna  che presenta irregolarità mestruali ed alterazioni della secrezione degli ormoni steroidi femminili, Dopo la menopausa il trattamento ormonale sostitutivo, ma soprattutto gli estrogeni, inducono un ripristino del metabolismo premenopausale.

L’ SHBG, la globulina legante l’ormone sessuale,(nelle donne obese risulta ridotta e spesso associata a iperandogenismo e ad un aumento del testosterone, situazione ormonale che accentua la tendenza all’accumulo dell’adiposità viscerale. I ridotti livelli di SHBG, che possono essere considerati come indicatori di queste alterazioni ormonali, sono associati ad insulino-resistenza anche nelle donne in fase pre e post-menopausale, ed hanno anche valore predittivo nei confronti del diabete tipo 2. I disordini della secrezione ormonale steroidea sessuale sembrano essere presenti soprattutto nella donna che presenta irregolarità mestruali o amenorrea, accompagnata ad obesità addominale centrale, Infatti, in queste donne diabetiche insulino-resistenti, il trattamento con estrogeni apportando un netto miglioramento della Sindrome Metabolica  e della sensibilità insulinica, infatti umentano l’SHBG, riducono il testosterone libero e l’eventuale iperandogenismo,

Ormone della crescita

Nell’obesità i livelli dell’ormone della crescita (GH) sono bassi e la sua secrezione, caratteristicamente pulsatile è ridotta sia per frequenza che per altezza dei picchi. Il deficit di secrezione del GH 9 pronunciato nell’obesità viscerale. Nell’uomo con obesità viscerale la somministrazione di testosterone migliora la secrezione di GH, anche se non si normalizza, inoltre, associando piccole dosi di GH, in modo similare alla secrezione fisiologica, si è  in grado di ridurre l’insulino-resistenza.

Tiroide

La funzione tiroidea non è compromessa in presenza di obesità.  Ma è noto che un soggetto diventa obeso se la tiroide è insufficiente, come nell’ipotiroidismo. I valori del T3, T4 e tiroxina totale sono diversamente influenzati dai regimi alimentari, I livelli di tiroxina (T4) totale e libera sono risultati normali in molti obesi, mentre i valori di T3 totale e libera possono risultare ai limiti o elevati. Questi, invece, risultano abbassati se l’alimentazione è inferiore a 600 calorie/die, Questo evita che l’organismo vada in catabolismo, consumando la massa muscolare. Dopo 2 giorni di dieta ipocalorica il T3 si riduce del 40% mentre la tiroxina rimane invariata ed il T3 raddoppia i suoi valori A conferma di quanto osservato si verifica anche che una dieta ipercalorica induce un aumento della T3 e una riduzione contemporanea della rT3.. Gli ormoni tiroidei appaiono quindi come i regolatori dell’azione delle catecolamine in quanto aumentano i ß3-recettori adrenergici nel tessuto adiposo  Nel complesso essi svolgono un ruolo favorente la lipolisi ed il catabolismo dei trigliceridi di deposito.

A cura del prof. Giulio Iasonna


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